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“Un attimo. Sabrinaaaa ... una telefonata per te, Lorenzo.” Poi mi ha detto: “In questo momento non può, sta facendo la doccia. Lasciami il tuo numero, che ti richiama lei.” Una volta, quando non c’erano ancora i cellulari, se chiamavi qualcuno ed era in bagno, spesso si diceva che stava facendo la doccia per non dire cose meno eleganti. Invece adesso uno risponde anche se è seduto sulla tazza1 e se dall’altra parte ti chiedono che stai facendo puoi dire: “Sono in cucina che sistemo delle cose.” Anche quando aspettavi una telefonata non è come adesso che con il telefonino in tasca te ne puoi andare anche fuori a cena. Prima, ai tempi in cui non c’era nemmeno il cordless, se quella telefonata la desideravi tanto, praticamente ti accampavi2 davanti al telefono di casa. Non andavi nemmeno in bagno per paura che chiamassero proprio in quei due minuti. Perché, se chiamava qualcuno, non è che poi potevi recuperare il numero della telefonata persa. Quando era persa era persa e iniziavi una serie di chiamate: “Scusa, eri tu al telefono?”. E dire quella frase a una persona che ti piaceva sembrava subito una scusa. [...] Ho aspettato la telefonata di Sabrina con la paura che non richiamasse. Appena mi sono allontanato dal telefono, lei ha chiamato. Ha risposto mia madre, che mi ha subito avvisato: “C’è una persona per te”. La salivazione3 era a zero. La frase da dire l’avevo preparata prima e ripetuta almeno venti volte per impararla a memoria. Al “pronto” mi sono scordato tutto. Anche perché lei mi aveva richiamato senza sapere chi fossi, visto che la prima cosa che mi ha detto è stata: “Chi sei?” “Sono ... Lorenzo. Non so se ti ricordi di me, ci siamo incontrati alla festa di Alberto. Cioè ... ci siamo anche baciati.” “Certo che mi ricordo.” “Volevo chiederti se ti andava di vedermi ... cioè, di vederci ancora.” “Certo. Più tardi se vuoi vado in centro e ci vediamo davanti al teatro verso le quattro, va bene?” “Sì, sì ...” Non mi sembrava possibile. Ho spiegato a mio padre che quel pomeriggio dovevo andare via alle tre e mezzo e alle quattro in punto ero davanti al teatro. Con Sabrina mi sono fidanzato. Siamo stati insieme quasi due settimane. [...] Poi, un giorno, io e il mio amico Alessandro ci siamo accorti di una strana coincidenza. “Ciao Ale, come va?” “Bene e tu?” “Mi sono fidanzato.” “Cazzo, ce l’hai fatta ... Con chi?” “Si chiama Sabrina.” “Anche la mia ragazza si chiama Sabrina.” “Abita al poggio.” “Ah ... anche la ... mia!” Quando mi ha detto il cognome non ci volevo credere. Eravamo fidanzati con la stessa ragazza. Siamo andati subito a una cabina telefonica e l’abbiamo chiamata. “Ciao Sabri, sono qui con Alessandro e mi ha detto che stai anche con lui.” Due secondi di silenzio, poi tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu. Aveva messo giù. Fabio Volo: Il tempo che vorrei. Milano (Mondadori) 2009, p. 74-78. 1 la tazza: hier: die Toilettenschüssel 2 accamparsi: sein Lager aufschlagen 3 la salivazio ne: der Speichelfluss 15 20 25 30 35 40 45 50 81 C o m p eten ze ottantuno ..................................... N u r zu P rü fz w e c k e n E ig e n u m d e s C .C . B u c h n e r V e rl a g s | |
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